Diario di bordo: perché fare la Patente?

Diario di bordo: perché fare la Patente?

C'è chi, la patente, la prende per sbaglio, perché si è iscritto con gli amici e non ha mai avuto il coraggio di tirarsi indietro;
chi perché in casa l'hanno presa tutti;
chi perché è una tradizione di famiglia;
chi perché ha la barca e, all'improvviso, vorrebbe anche poterla condurre;
chi perché fa colpo con le ragazze;
chi perché è la moglie che lo vuole;
chi perché è lei, la moglie, e vuole fargliela vedere al marito;
chi perché la moglie non c'è l'ha più ma vuol fargliela vedere lo stesso;
chi perché pensa di prenderla per andare in vacanza con gli amici e vuole risparmiare sullo skipper.

Questi aspiranti navigatori li troverete tutti sulla vostra rotta verso la patente.

Chi, invece, non troverete è qualcuno che vi confessi di voler andare per mare perché l'ha sognato una volta, da bambino, sulle pagine di vecchi romanzi che pochi, chissà perché, ammettono di aver letto.
Forse non vanno di moda, forse sembrano ragazzate. Io invece li ho letti e, ancora oggi, se me ne capita qualcuno per mano, non mi lascio sfuggire l'occasione.

Così, con questi compagni di avventure, ho solcato i mari di cellulosa del carteggio.
Ho tracciato rotte e scarrocciato dietro la balena bianca travestito da capitano Achab, sono partito decine di volte dalla bianca chiesa di Nantucket, tra i cimeli e gli ex voto dei balenieri, per affrontare le incertezze delle correnti intorno al faro di Formica Grande.
Non conto le volte che sono salpato da capo di punta Fenaio al seguito del capitano Hornblower.

Una volta, partito da punta Polveraia sulla flotta fantasma del pirata Long John Silver, ho intercettato navi cariche di tesori che sprofondavano sotto la linea di galleggiamento e sacrificavano all'avidità ogni riserva di spinta.
Nelle notti più lunghe e buie ho atteso le due luci rosse in verticale del praho senza governo del governatore James Brooke per sottrargli l'amata Perla di Labuan.

Ho supportato il capitano Aubrey nei momenti più duri di un incendio di categoria C (gas infiammabili, nel nostro caso, misteriosi ovviamente), ho dominato le correnti al fianco del Corsaro Nero al largo dell'Isola di Montecristo in attesa che il fedifrago duca di Alba mostrasse la prua della sua goletta imperiale.
E ho passato notti a scrutare le luci di passaggio con il vecchio marinaio di Coleridge che aveva perso il senno e il conto dei giorni sull'antimeridiano di Greenwich.

E quando, sul vostro guscio di noce, sarete in balia di un uomo in camicia a quadri, evidentemente sovrappeso, che nel centro del porto di Genova vi ordinerà una virata e poi una abbattuta con il dichiarato intento di farvi naufragare e sottrarvi la mappa che vi condurrà al tesoro dell'abilitazione a condurre imbarcazioni fino a 24 metri senza limiti dalla costa, ecco, allora guarderete a riva dove il vostro istruttore, fedele Yanez de Gomera, seguirà ogni vostra manovra dietro qualche balaustra e vi ricorderete il suo ultimo consiglio:
"Per poggiare e pagare i debiti c'è sempre tempo!"
E, all'orza, supererete l'inerte pigrizia di vele smunte e asciutte come vezzose camicie, orfane delle donne che le vestivano, e abbandonate all'afa di luglio.

Bè, se siete ancora convinti, che si tratti solo di ragazzate, sappiate che il sottoscritto, così, l'esame l'ha passato, sorretto qualche volta dal sorriso enigmatico dei marinai perduti di Izzo.

E da domani salperemo ancora le ancore, consapevoli che le onde della vita continuano a schiaffeggiare le chiglie di tutti, quelle buone e quelle brutte.

E torneremo ad alzare le vele per abbracciare il vento.

Da qualsiasi parte arrivi.


Grazie a Maurizio Zottarelli per questo diario di bordo da sogni!!!

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